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Una breve rassegna dei contrastanti orientamenti giurisprudenziali sull’omessa e/o difforme indicazione dell’I.s.c.

Una breve rassegna dei contrastanti orientamenti giurisprudenziali sull’omessa e/o difforme indicazione dell’I.s.c.

 

Senza alcuna pretesa di esaustività, si segnalano i seguenti orientamenti:

 

Tribunale Chieti, 21 febbraio 2018, est. Est. Valletta (Conferimento quesiti al CTU)

Nel caso in cui l'ISC non sia indicato in contratto ovvero risulti sensibilmente diverso rispetto a quello previsto, gli interessi vanno ricalcolati con il tasso minimo, ex art. 117 tub, 7° comma.

 

Per Trib. Milano, 26 ottobre 2017, n. 10832, est. Tombesi, la violazione dell’obbligo pubblicitario perpetrata dalla Banca mediante l’erronea quantificazione dell’ISC non è suscettibile di determinare alcuna invalidità del contratto di mutuo (né tantomeno della sola clausola relativa agli interessi), ma può configurarsi unicamente come illecito e, in quanto tale, essere fonte di responsabilità contrattuale della Banca.

 

Per Trib. Cagliari, 04.10.2016, n. sentenza n. 2724, est. Bernardino, l’I.S.C., quale valore indicante il costo totale di una operazione di finanziamento ha una funzione tipicamente informativa e non risulta assoggettabile alla disposizione di cui all’art. 117, sesto comma, T.U.B., che fa riferimento alle diverse categorie dei “tassi”, “prezzi” o “condizioni”.

 

Per Trib. Salerno, ord. 31.01.2017, est. Brancaccio, l’omessa indicazione nel contratto di mutuo dell’indicatore sintetico di costo non ne inficia la validità, costituendo quest’ultimo, al pari del documento di sintesi, uno strumento di carattere informativo.

 

Trib. Roma, 19 aprile 2017, est. Russo, ha recentemente ritenuto che l’ISC non rappresenti una specifica condizione economica da applicare al contratto di finanziamento, ma svolga unicamente una funzione informativa finalizzata a mettere il cliente nella posizione di conoscere il costo totale effettivo del finanziamento prima di accedervi. L’erronea quantificazione dell’ISC, quindi, non potrebbe comportare una maggiore onerosità del finanziamento.

 

La giurisprudenza si era in passato rivelata costante nel ritenere che la difformità tra l’ISC indicato in contratto e il TAEG effettivamente applicato avesse quale conseguenza diretta l’invalidità sancita espressamente dall’art. 117 TUB.

 

Trib. Napoli, 25 maggio 2015, n. 7779, est. Sacchi, aveva ritenuto che la mancata indicazione dell’ISC fosse idonea a integrare la fattispecie di cui all’art. 117, comma 8 TUB che, come noto, sanziona con la nullità del contratto il mancato rispetto del contenuto tipico determinato dalla Banca d’Italia con riferimento a particolari tipologie contrattuali.

 

Trib. Chieti, 23 aprile 2015, n. 230, est. Ria, invece, aveva ritenuto che l’indicazione nel contratto di un ISC inferiore rispetto al TAEG costituisse una violazione di quanto disposto dall’art. 117, comma 6 TUB, ai sensi del quale sono da ritenersi nulle quelle clausole che prevedono per i clienti condizioni economiche più sfavorevoli di quelle pubblicizzate. In altri termini, se l’ISC indicato nel contratto si discosta dal TAEG, ciò comporta che l’istituto di credito stia applicando al cliente un tasso di interesse “effettivo” più alto di quello riportato nel contratto, con ciò determinando la nullità della clausola relativa agli interessi e, conseguentemente, la necessità di applicare – in sostituzione del tasso dichiarato nullo – il tasso nominale dei buoni ordinari del tesoro ai sensi dell’art. 117, comma 7 TUB.

 

 

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