Clausola floor, interessi di mora ed usura: il Tribunale di Como esclude la natura vessatoria della clausola floor ed include l'interesse di mora nel conteggio del Tasso effettivo globale
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Fonte:
Observa Ius
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Autore:
G. MANTOVANO
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Provvedimento:
Trib. Como Sez. II, Sent., 13-07-2017, n.1088
Interessante pronuncia del Trib. Como Sez. II, Sent., 13-07-2017, in tema di clausola "floor" e rilevanza degli interessi di mora, ai fini della normativa anti-usura.
La vicenda dedotta in causa traeva origine da un contratto di mutuo fondiario stipulato dell'importo di Euro 100.000,00 da restituirsi in 60 rate trimestrali posticipate, con tasso di interesse fisso al 5% per i primi tre anni ed opzione alternativa tra tasso fisso e tasso variabile dopo il primo triennio, con fissazione del tasso minimo dovuto al 3% annuo e con indicazione del tasso di mora, per il caso di mancato o ritardato pagamento delle rate di rimborso del mutuo, al 3% in più del tasso applicato all'operazione.
Il primo motivo di censura riguardava la prospettata nullità del contratto de quo, ex art. 1418 c.c., per effetto della previsione dell'applicazione di un tasso minimo degli interessi corrispettivi (cosiddetta clausola floor) pari al 3% e della mancata previsione di un tasso massimo di tali interessi (cosiddetta clausola cap), rilievo cui conseguirebbe, secondo la ricostruzione attorea, l'illiceità della causa negoziale per effetto dello squilibrio creatosi tra le obbligazioni rispettivamente poste a carico degli stipulanti.
Il Tribunale ha ritenuto tale censura infondata e non accoglibile.
Invero, a fronte della clausola "floor", ha affermato la sentenza, “risulta pattiziamente accordata al mutuatario la facoltà, al termine del primo triennio di ammortamento del mutuo e con successiva periodicità bi o triennale, di scegliere se optare per il tasso fisso o quello variabile, e ciò nell'esclusivo interesse del mutuatario medesimo, posto nelle condizioni di scegliere periodicamente le condizioni economiche di maggior favore, con il conseguente ripristino dell'equilibrio contrattuale sinallagmatico in ipotesi compromesso dalla previsione della sola clausola "floor", la cui chiara ed inequivoca formulazione ne esclude in nuce la natura vessatoria”.
Venendo alla prospettata natura usuraria del tasso di interesse del mutuo fondiario in quanto superiore al tasso soglia applicabile in virtù delle disposizioni della L. n. 108 del 1996, il Tribunale ha osservato che “va preliminarmente evidenziato come tale eccezione sia stata formulata con esclusivo riferimento agli interessi di mora, destinati, peraltro, a sostituirsi e non a cumularsi con quelli corrispettivi, in sé non censurati pur se costituenti parametro matematico per il calcolo dell'altra tipologia.
Posto che, al fine di accertare l'eventuale sussistenza di interessi usurari, è necessario individuare il "tasso effettivo globale" (cosiddetto TAEG) concretamente praticato durante lo svolgimento del rapporto controverso, è ciò sulla scorta dell'univoca previsione dell'art. 2 della L. n. 108 del 1996, va evidenziato come, secondo giurisprudenza ormai consolidata, in tale tasso vadano incluse le commissioni e spese che siano funzionali alla messa a disposizione di una massa di denaro da parte favore del proprio cliente, per tali potendosi intendere anche gli interessi di mora in quanto, pur se ontologicamente diversi da quelli corrispettivi e dovuti solo per effetto dell'eventuale inadempimento da parte del mutuatario, anch'essi connessi all'erogazione del credito.
Ne consegue che, in attuazione dell'indirizzo espresso dalla dominante giurisprudenza di merito e di legittimità, cui si ritiene di aderire, va inclusa la computabilità dell'interesse di mora nel conteggio del TAEG al fine della valutazione della natura usuraria del tasso praticato e, per l'effetto, incontestata essendo, sotto il profilo de quo, la quantificazione nell'8% del tasso pattuito per gli interessi moratori, il censurato superamento del tasso soglia consegue al rilievo dell'applicabilità, anche rispetto agli interessi moratori, del tasso di riferimento fissato dai decreti ministeriali di riferimento, di per sé costituente, pur nella differente tipologia e funzione di tali interessi rispetto alla mera remunerazione del denaro mutuato, tipica degli interessi corrispettivi, il limite massimo e perentorio entro il quale vanno ricompresi tutti i costi globali del credito ed oltre il quale si configura de plano l'usura.
Pacifico essendo inter partes che, al momento della sottoscrizione del contratto, ovvero nel luglio tasso di riferimento era del 7,95 per i mutui a tasso fisso e del 6,63 per quelli a tasso variabile, va accolta la censura formulata, sul punto, dall'odierno attore, e ciò anche con riferimento alle conseguenze dell'accertata natura usurarla del tasso di mora concordato all'art. 5 del contratto di mutuo per cui è causa, conseguenze destinate a concretarsi, secondo l'orientamento giurisprudenziale largamente dominante, nella statuizione di nullità, ex art. 1815, comma, II, c.c., della pattuizione degli interessi e nell'esclusione di ogni debenza, da parte del mutuatario, a tale titolo, dovendo l'obbligazione restitutoria sullo stesso gravante essere circoscritta al solo capitale.
Né rileva, a fini di preclusione della conversione forzosa del mutuo da oneroso a gratuito, discendente dalla natura imperativa della norma dianzi citata, che lo stesso mutuatario non abbia mai subito, nel corso del rapporto dedotto in giudizio, l'applicazione degli interessi moratori, dovendo l'usurarietà del tasso essere valutata con riferimento al momento in cui il tasso sia stato promesso o convenuto, anche se non concretamente applicato”.
Tanto premesso, il Tribunale, accertata la pattuizione usurarla del tasso di mora derivante dal contratto di mutuo fondiario dedotto in giudizio, ha sancito il diritto del mutuatario alla restituzione di tutte le somme corrisposte a titolo di interessi in relazione al contratto medesimo.
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In senso contrario, con riferimento alla rilevanza degli interessi di mora, vedasi:
- Trib. Savona, sez. civ., 14-04-2017, Est., dr. Luigi Acquarone (cfr. Per il Tribunale di Savona la disciplina degli interessi usurari non può trovare applicazione con riferimento agli interessi moratori );
- Trib. Milano, sez. XII civ., sentenza (depositata il 21 giugno 2017), G.I., L. Orsenigo ( cfr. Per il Tribunale di Milano è impossibile effettuare una valutazione di usurarietà oggettiva degli interessi moratori in assenza del parametro di riferimento);
- Trib. Milano, VI sez. civ., G.I. , F. Ferrari, sentenza n. 16873 del 16.02.2017. in www.ilcaso.it , secondo cui " ... ad oggi una verifica in termini oggettivi del carattere usurario degli interessi moratori risulta preclusa dalla mancanza di un termine di raffronto, ossia di un tasso soglia, che sia coerente con il valore che si vuole raffrontare. Nè il problema potrebbe essere superato invocando la rilevazione condotta dalla Banca d’Italia nel 2001 con riferimento ai tassi di interesse moratori praticati sul mercato; l’Istituto di vigilanza bancaria, infatti, anche con la propria Circolare del 3.7.2013, ha fatto richiamo a tale rilevazione, ricordando come fosse stato verificato come in media gli interessi moratori fossero pattuiti in misura maggiorata di 2,1 punti percentuali rispetto ai tassi medi concordati per gli interessi corrispettivi. Sennonchè detta rilevazione, oltre a essere “ufficiosa”, in quanto condotta in assenza di una istruzione in tal senso disposta dal Ministero delle Finanze in attuazione a quanto dettato dalla Legge 108/1996,non solo non può considerarsi neppure scientificamente attendibile, non essendo conosciute le modalità di rilevazione statistica utilizzate e, al contrario, risultando essere stata condotta attraverso l’acquisizione di dati a campione, ma soprattutto risale a oltre dieci anni fa, senza essere stata aggiornata e rivisitata trimestralmente, come invece preteso dal legislatore. In sostanza, quindi, anche la soluzione di raffrontare il tasso degli interessi moratori con un tasso soglia specifico costruito con riferimento agli interessi di mora, se dal punto di vista logico matematico risulta sicuramente più condivisibile, non trova comunque giustificazione sul piano propriamente giuridico per il carattere “privato” del tasso di riferimento preso in esame per il raffronto. Deve, pertanto, concludersi che, sino a quando non verrà commissionata dal Ministero delle Finanze una rilevazione di un TEGM specifico per gli interessi di mora, per questi ultimi non risulti possibile procedere a una qualificazione in termini “oggettivi” dell’interesse usurario, ferma restando la possibilità che tali interessi possano essere riconosciuti comunque come usurari in chiave soggettiva, ossia là dove, richiamando quanto dettato dall’art. 644 c.p., si dimostri che detti interessi siano stati pattuiti in termini tali da creare una sproporzione delle prestazioni, con approfittamento delle condizioni di difficoltà economiche e finanziarie del debitore (ipotesi neppure dedotta da parte attrice)";
- Trib. Milano, sez. XII civ., sentenza 29 novembre 2016, n.13719, G.I., C.A. Tranquillo, in www.expartecreditoris.it, rileva che il T.E.G.M., sulla cui base viene individuato il tasso soglia, non viene calcolato facendo riferimento ai tassi d’interesse moratori, ma solo a quelli corrispettivi. "Ne consegue che estenderlo puramente e semplicemente anche agli interessi moratori finirebbe per dare vita ad una interpretazione della normativa antiusura priva di base normativa, censurabile ex art. 3 Cost. in quanto: 1) applicherebbe la legge in difetto dei necessari provvedimenti di sostanziale attuazione all’ipotetica volontà del legislatore (i.e. la determinazione del tasso soglia di mora); 2) omologherebbe situazioni diverse violando il principio di eguaglianza di trattamento, del quale è corollario l’illegittimità di disciplinare allo stesso modo situazioni in realtà diverse; 3) ricollegherebbe una sanzione calcolata su determinati presupposti fattuali ad una fattispecie relativa a ben altri elementi costitutivi";
- Trib. Varese, sez.I civ., sentenza n.1354/2016, G.I., A. Longobardi, in www.ilcaso.it , afferma che " ...quanto meno ad oggi una verifica in termini oggettivi del carattere usurario degli interessi moratori risulta preclusa dalla mancanza di un termine di raffronto, ossia di un tasso soglia, che sia coerente con il valore che si vuole raffrontare, con l'effetto che la contestazione attorea riferita alla previsione in contratto di un tasso moratorio superiore al Tasso soglia non possa essere risolta sic et simpliciter qualificando il primo come oggettivamente usurario. Nè il problema potrebbe essere superato invocando la rilevazione condotta dalla Banca d'Italia nel 2001 con riferimento ai tassi moratori praticati sul mercato". Difatti, "detta rilevazione, oltre a essere “ufficiosa”, in quanto condotta in assenza di una istruzione in tal senso disposta dal Ministero delle Finanze in attuazione a quanto dettato dalla Legge 108/1996,non solo non può considerarsi neppure scientificamente attendibile, non essendo conosciute le modalità di rilevazione statistica utilizzate e, al contrario, risultando essere stata condotta attraverso l’acquisizione di dati a campione, ma soprattutto risale a oltre dieci anni fa, senza essere stata aggiornata e rivisitata trimestralmente, come invece preteso dal legislatore".
Al contrario, Trib. Padova, 13 Gennaio 2016. Est. Bertola, in www.ilcaso.it, rileva che l'aumento della mora media rilevata dalla Banca d'Italia con un delta del 2,10% consente di far fronte al fatto che il tasso di mora non viene rilevato dai decreti trimestrali ministeriali e di rendere confrontabile l'interesse di mora medio con il tasso corrispettivo medio soglia usura.
Con riferimento alla giurisprudenza che ha ritenuto che l’interesse moratorio vada sottoposto ad un giudizio autonomo di usurarietà, da effettuarsi confrontando il relativo tasso con il tasso soglia maggiorato di 2,1% punti percentuali, che poi è esattamente la media rilevata dalla Banca d’Italia delle maggiorazioni praticate a valle dagli istituti di credito per il caso di inadempimento, come evidenziato dalla stessa Autorità di Vigilanza nella nota di chiarimento in materia di applicazione delle legge antiusura del 3 luglio 2013, cfr. anche Trib. Catania, Sez. IV, 7 febbraio 2017, Est. G. MARINO, in leggiditaliaprofessionale.it ; Trib. Milano, 3 dicembre 2014, n. 14394, in www.ilcaso.it; Trib. Padova, 27 Gennaio 2015, Est. C. ZAMBOTTO, in www.ilcaso.it; Trib. Pescara, 30 Aprile 2015, Est. D. CAPEZZERA, in www.ilcaso.it.; Trib. Lanciano, Est. C. G. CORDISCO, 16 marzo 2016, n.127, in Ex partecreditoris.it
Spunti bibliografici in tema di clausola floor
Con specifico riguardo alla Dottrina spagnola sulla clausola floor ("suelo") nei mutui ipotecari:David Vázquez García, La contratación bancaria en la reciente doctrina del Tribunal Supremo, Editorial Bosch, 2017; Francisco Pertíñez Vílchez, La nulidad de las cláusulas suelo en préstamos hipotecarios, Tirant lo Blanch, 2017; Javier Pagador Lopez,Las cláusulas suelo en la contratación entre empresarios y profesionales. Comentario a la Sentencia del Tribunal Supremo (Sala Primera) de 3 de junio de 2016, in Revista de Derecho Mercantil, 2016, n. 301, p. 405 ss.; Celia Martínez Escribano, El control de transparencia y la validez de las cláusulas suelo, in Revista de Derecho Bancario y Bursátil, 2014, n. 133, p. 295 ss.; Id.,De nuevo sobre la validez de las cláusulas suelo en los préstamos hipotecarios, in Revista de Derecho Bancario y Bursátil, 2012, n. 126, p. 273 ss.; Lucía Moreno García, Cláusulas suelo y control de transparencia. Tratamiento sustantivo y procesall, Marcial Pons Ediciones Jurídicas y Sociales, 2015: López Jiménez José María, Casasola José María, Cadenas Catalina, Pareja Marina, Díaz José A., Narváez Antonio, La cláusula suelo en los préstamos hipotecarios. 2ª Edición, 2015, Editorial Bosch; Jesús Alfaro Águila-Real, La sentencia del Tribunal de Justicia sobre la retroactividad de la nulidad de las cláusulas-suelo, Almacendederecho.org; Fernando Zunzunegui, Los jueces deberán abstenerse de aplicar la limitación de los efectos de la nulidad de las cláusulas suelo acordada en la STS de 9 de mayo de 2013 (STJUE 21 diciembre 2016), www.rdmf.es; Id., El jardín de las cláusulas suelo, www.rdmf.es; Miquel Roig, La justicia europea falla a favor de los clientes en las cláusulas suelo: habrá indemnización completa, www.expansion.com ;César Hornero Mendez, Un nuovo favor debitoris nella legge e nella giurisprudenza sul contratto (e, nel frattempo, l'accademia si diverte), in Annuario del contratto 2015, diretto da Andrea D'Angelo e Vincenzo Roppo, Torino, 2016, 369 ss.
Per la Dottrina italiana, senza alcuna pretesa di esaustività, cfr. Amarillide Genovese, Il controllo di trasparenza delle clausole di tasso minimo dei contratti di mutuo ipotecario. Effetti del giudizio di abusività, nota a Corte di giustizia dell'Unione europea (Grande Sezione), 21 dicembre 2016, cause riunite C-154/15, C-307/15, C-308/15 , in Giustiziacivile.com, 2 marzo 2017; Edoardo Rulli, Strumenti finanziari “incorporati” in altri contratti. Regole di condotta, trasparenza bancaria e disciplina del consumo, in VIII Convegno Annuale dell’Associazione italiana dei Professori universitari di Diritto Commerciale “Orizzonti del Diritto Commerciale”, Roma, 17 -18 febbraio 2017; Giovanni D'amico, La vessatorietà delle clausole floor, in Contratti, 2017, n.3, 261 ss.; Roberto Ferretti - Daniel Lunetta, Clausole di indicizzazione al Franco svizzero e floor, nota a Trib. Udine, sez. II civ., 29 febbraio 2016, in Società, 2017, n. 1, 85 ss.; Alfonso Parziale, Derivati impliciti, clausole "floor" e "zero floor" nei contratti bancari, in Dir. banca mercato fin., 2016, n.4, I, 717 ss.; Giovanni Gallone, Il tasso minimo e i "derivati incorporati ", o presunti tali, nei contratti bancari e commerciali: riflessioni tecniche oltre l'opzione floor vanilla, in Giurimetrica, 2016, n.1, I, 9 ss.; Andrea Dalmartello, Note sulla «cláusula suelo» (clausola floor) nel mutuo bancario di diritto spagnolo: trasparenza delle clausole abusive e (ir)retroattività della nullità di protezione, in Banca borsa e titoli di credito, 2016, n. 6, parte I, p. 753 ss.; Id., Epilogo della questione della clausola floor in Spagna? Chiarimenti della Corte di Giustizia sugli effetti della non vincolatività delle clausole abusive, in Riv. dir. banc., dirittobancario.it, 3, 2017; Filippo Sartori, Sulla clausola floor nei contratti di mutuo, in Contratto e impresa, 2015, n. 3, 698 ss.; Fernando Greco, La violazione della regola della trasparenza nel mutuo con tasso floor ed il problema della scommessa razionale nel derivato implicito, in Resp.civ.prev., 2015, n.1, 25B ss.; Fabio Civale, Clausole floor nei contratti di mutuo e di leasing: prime riflessioni, in Giustiziacivile.com, 2015, 1 ss.; Stefano Pagliantini, L’interpretazione dei contratti asimmetrici nel canone di Gentili e della Corte di Giustizia (il dopo Radlinger aspettando le clausole floor, sullo sfondo del nuovo art. 1190 Code civil), in (I) Contratti, 2016, n. 11, 1029 ss.; Id., L’interpretazione dei contratti asimmetrici nel canone della corte di giustizia (aspettando le clausole floor), in Persona e mercato, 2016, n. 2, p. 41 ss.; Id., L’equilibrio soggettivo dello scambio (e l’integrazione) tra Corte di Giustizia, Corte costituzionale ed ABF: “il mondo di ieri” o un trompe l’oeil concettuale?, in Contr., 2014, 863; Emilio Girino, I derivati "impliciti": virtù e vizi della scomposizione, in Riv.dir.bancario, 2016, n.31; Ugo Malvagna, Nullità "de futuro" e poteri del giudice (a proposito di un caso spagnolo), in Riv. dir. banc., dirittobancario.it, 36, 2016; Marco Solferini, La clausola “floor” nei contratti di finanziamento. Dai presupposti della sua applicabilità nelle pronunce dell'Arbitro Bancario e Finanziario alla sua eventuale nullità, in Magistra Banca e Finanza - Tidona.com, 2016; Massimo Cognolato, Componenti derivative e causa di finanziamento, in AA.VV., Le operazioni di finanziamento, a cura di Elisabetta Panzarini, Aldo Angelo Dolmetta, Sergio Patriarca, Bologna, 2016; Daniele Maffeis, I derivati incorporati sono derivati ed incidono sulla qualificazione civilistica dei contratti di finanziamento, in Società, 2016, n.12, 1385 ss.; Id., Direttiva 2014/17/UE: rischi di cambio e di tasso e valore della componente aleatoria nei crediti immobiliari ai consumatori, in Banca, borsa tit. cred., 2016, I, 201 ss.; Antonella Sciarrone Alibrandi, Prodotti “misti” e norme a tutela del cliente, in Liber amicorum Pietro Abbadessa, vol. 3, Torino, 2014, 2416 ss.; Aldo Angelo Dolmetta, Di derivati impliciti e di derivati apparenti, in www.dirittobancario.it, 2016; Francesco Caputo Nassetti,Le clausole di indicizzazione come strumenti finanziari derivati ?, inwww.giustiziacivile.com, 2016; Id., Le clausole di indicizzazione nei finanziamenti e nei leasing, in Giur. comm., 2016, I, 377. Per una descrizione dell’operatività del cap e del floor, nei mutui a tasso variabile, Tiziana Rumi, Crediti a tasso variabile, in Pietro Sirena (a cura di), I mutui ipotecari nel diritto comparato ed europeo - Quaderni della Fondazione Italiana del Notariato, Milano, 2016, 436 ss.;Antonio di Biase, Il problema della legittimità dei mutui a tasso variabile Euribor: tra illecito antitrust e indeterminatezza dell’oggetto del contratto, in Nuove leggi civ., 2013, I, 187, nt. 20;
L'ABF si è pronunciato in diverse occasioni sulla validità della clausola floor.L’esegesi della norma ha determinato un non indifferente numero di decisioni di rigetto dei ricorsi presentati dalla clientela. In argomento, vedasi: ABF Collegio di Milano 2 agosto 2010 n. 858; Id. 18 gennaio 2011 n. 140; ID 1 aprile 2011 n. 668; ABF Collegio di Roma 13 dicembre 2011 n. 2688; ABF Collegio di Napoli 1 febbraio 2012 n. 305; ABF Collegio di Roma 3 settembre 2012 n. 2833; ABF Collegio di Napoli 5 maggio 2014 n. 2735; ABF Napoli, 16 settembre 2015, n.7355 ove si rileva che:" Ben più articolata appare la disciplina sulle clausole vessatorie ispirata dalla disciplina comunitaria, originariamente introdotta negli artt. 1469-bis e seguenti del codice civile e ora trasfusa negli artt. 33 ss. del codice del consumo (d.lgs. n. 206/2005). Il comma 1 dell’art. 33 cod. cons. chiarisce che vanno qualificate vessatorie le clausole che, nei contratti conclusi tra professionisti e consumatori, determinano, malgrado la buona fede, un ‘significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto’. Al di là del giudizio generale di vessatorietà appena richiamato, i commi seguenti del medesimo articolo e gli articoli successivi offrono chiari elementi normativi che impediscono di qualificare come vessatoria una clausola riguardante la variazione del tasso di interesse, salvo che non risulti formulata in modo chiaro e comprensibile. Il comma 6 dell’art. 33 chiarisce, infatti, che ‘le lettere n) e o) del comma 2 non si applicano alle clausole di indicizzazione dei prezzi, ove consentite dalla legge, a condizione che le modalità di variazione siano espressamente descritte’. Anche il comma 5 dell’art. 33 statuisce che “le lettere h), m), n) e o) del comma 2 non si applicano ai contratti aventi ad oggetto valori mobiliari, strumenti finanziari ed altri prodotti o servizi il cui prezzo è collegato alle fluttuazioni di un corso e di un indice di borsa o di un tasso di mercato finanziario non controllato dal professionista, nonché la compravendita di valuta estera, di assegni di viaggio o di vaglia postali internazionali emessi in valuta estera’. Pure il comma 2 dell’art. 34 cod. cons. chiarisce che la ‘valutazione del carattere vessatorio della clausola non attiene alla determinazione dell’oggetto del contratto, né all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile’. Alla luce delle previsioni appena richiamate, può dirsi chiara, in definitiva, la volontà legislativa di non consentire che il giudizio di vessatorietà si estenda anche alle clausole, è il caso di specie, destinate a remunerare il servizio di finanziamento erogato dal mutuante. Clausole del genere possono essere sindacate, nel nostro ordinamento giuridico, sotto il profilo della vessatorietà, solo a condizione che risultino formulate in modo oscuro e poco comprensibile. È da escludere, invece, una prospettiva di valutazione, quale suggerita dal ricorrente, che involverebbe un sindacato di ‘giustizia’, ove peraltro l’interprete stenterebbe a rinvenire indici sicuri di quello che andrebbe considerato come ‘giusto’ corrispettivo del servizio. (…) In conclusione, come già rilevato da questo Arbitro in altre occasioni (cfr. decisioni ABF, Collegio di Milano, n. 688/2011; Collegio di Roma, n. 2688/2011; Collegio di Napoli, n. 395/2012), una clausola ‘floor’, ove pure non adeguatamente compensata da una clausola ‘cap’, non può dirsi nulla o comunque inefficace, perché non v’è ragione di considerarla viziata da profili di illegittimità” (nello stesso senso, anche se nei confronti di un non consumatore, cfr. la decisione di questo Collegio n. 305 del 1° febbraio 2012)." In senso conforme, vedasi anche ABF Collegio di Roma, 6 ottobre 2016, n. 8867.
Nella Relazione annuale dell'A.B.F. - 2015 (giugno 2016) si afferma, con riguardo alla clausola floor (p. 76), "Nei contratti di mutuo con interessi a tasso variabile, l’interesse corrispettivo dovuto dal cliente è calcolato sulla base della somma algebrica tra il parametro di riferimento (i tassi del mercato interbancario quali Euribor ed Eonia) e uno spread di importo fisso e predeterminato. Con l’inserimento nei contratti della clausola floor (clausola di tasso minimo), gli intermediari si cautelano da possibili perdite di profitto dovute a eventuali ribassi dei parametri di riferimento: si tratta quindi di un meccanismo di redditività minima a favore dell’intermediario in quanto l’interesse corrispettivo dovuto dal cliente non può in ogni caso scendere sotto una soglia predeterminata (floor). In relazione ai valori negativi che hanno assunto i principali tassi del mercato interbancario utilizzati come parametro, la Banca d’Italia, con comunicazione del 7 aprile 2016, ha invitato gli intermediari a una rigorosa applicazione delle condizioni pattuite con la clientela ed, eventualmente, a provvedere alle conseguenti restituzioni ai clienti, astenendosi dall’applicare di fatto clausole floor non pubblicizzate e concordate con la clientela. In un altro caso il ricorrente ha lamentato la natura vessatoria della clausola floor inserita in un contratto di mutuo fondiario ipotecario, richiedendo l’accertamento della sua nullità. Il Collegio ha affermato che, per la validità della clausola floor, non è necessaria una specifica approvazione per iscritto, in quanto non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 1341 c.c. che prevede un elenco tassativo di clausole soggette ad approvazione per iscritto, non suscettibile di alcuna estensione analogica. Inoltre secondo quanto previsto dall’art. 34, comma 2, del Codice del consumo, la valutazione del carattere vessatorio della clausola non attiene all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile (Decisione 7355/2015)".
In giurisprudenza, la domanda di nullità della clausola, che prevede un tasso minimo, è respinta sulla base della rilevazione dell'assenza dei presupposti per l'applicazione della disciplina delle clausole vessatorie, in particolare, sottolineando la chiarezza sintattica della clausola contrattuale: cfr. Trib. Ferrara, 16 dicembre 2015, in dirittobancario.it ; in senso analogo, cfr. Trib. Monza, 24 novembre 2016, Est. dr. Crivelli, secondo cui la natura vessatoria delle clausole floor, esclusa ai sensi dell’art. 1341 c.c., è da valutarsi, a mente degli artt. 33 e 34 D.Lgs 206/2005 (codice del consumo), esclusivamente con riferimento alla chiarezza e comprensibilità della formulazione della stessa e non già in relazione all’adeguatezza del corrispettivo pattuito. La stessa clausola non può essere nemmeno censurata in applicazione dell’art. 21 TUF quando sia convenuta in modo chiaro e nell’ambito della regolamentazione pattizia. Anche per Trib. Trento, 6 luglio 2017, Est. dr. Sieff, in www.leggiditaliaprofessionale.it, "La pattuizione di un tasso floor deve ritenersi valida, non vedendosi alcun contrasto con norme imperative, né essendo meritevole di seguito la tesi secondo cui la clausola darebbe luogo ad un derivato implicito. La clausola, infatti, non dà luogo ad un'operazione a sé stante correlata a valori che restano esterni al rapporto tra le parti (cd. sottostante; cfr. art. 1, co. 3 tuf). Al contrario, la clausola resta legata da un nesso di stretta inerenza rispetto allo svolgimento del rapporto contrattuale e al suo stesso oggetto (onerosa messa a disposizione di denaro), inserendo in punto di interessi un elemento di rigidità che funge da limite - in favore della banca finanziatrice - alla variabilità del tasso". Ed ancora, sulla stessa scia, cfr. Trib. Bologna Sez. III, Sent., 26-06-2017, Est. dr. Arceri, in www.leggiditaliaprofessionale.it, secondo cui, in ordine alla "(reputata) illegittima indicazione di un tasso "floor", vi è da rilevare che il suo inserimento nel contratto, al contrario di quanto asserito da parte opponente, non ne immuta senz'altro la natura, facendo assumere allo stesso i connotati di un "derivato finanziario", con conseguente applicabilità di tutti gli obblighi stabiliti dal D.Lgs. n. 58 del 1998 (TUF).Invero, la consolidata giurisprudenza di merito (da ultimo, Trib. Bologna 12 dicembre 2016, n. 3139, in www.giuraemilia.it; ma anche Trib. Forlì 23 giugno 2016 prodotta quale doc. n. 53 di parte opposta; Trib. Udine 1 febbraio 2016 e Trib. Ferrara 6 dicembre 2015, in www.dirittobancario.it) stabilisce, al riguardo, che la presenza di siffatta clausola non fa assumere automaticamente al contratto cui accede la natura di strumento finanziario, con conseguente applicabilità di tutta la disciplina di tali strumenti, ed in particolare degli obblighi informativi".
Trib. Modena Sez. I, Sent., 08-02-2017, Est. dr. Rovatti, in www.leggiditaliaprofessionale.it, ritiene, inoltre, che la clausola "floor", "accede a usuale contratto di mutuo fondiario e non ne modifica la prevalente causa creditizia in causa di trasferimento di rischio, rendendolo operazione finanziaria".
A proposito, invece, di clausole indicizzazione al franco svizzero e floor, vedasi anche Trib.Udine, Sez.II civ., 29 febbraio 2016, con commento di Roberto Ferretti e Daniel Lunetta, Clausole indicizzazione al franco svizzero e floor, cit. 85 ss.
Si è detto che l’art. 34, comma 2 cod. cons., esclude che il giudizio di vessatorietà attenga, fra l’altro, all’adeguatezza del corrispettivo purchè tale elemento sia individuato “in modo chiaro e comprensibile”. E la clausola floor per essere chiara e comprensibile deve indicare le ragioni economiche sottostanti e le modalità di funzionamento del meccanismo opzionale, la distribuzione (probabilistica) del rischio, nonché la correlazione tra tasso minimo e premio dovuto al cliente (in questi termini Filippo Sartori, Sulla clausola floor nei contratti di mutuo, cit.,718 ).
Lo stesso Autore ritiene che il contratto di mutuo con tasso floor presenti un solo schema negoziale, quello di cui all’art. 1813 c.c., al quale vengono però apportate alcune variazioni mediante l’inserimento di una clausola assunta dal diverso schema del contratto di interest rate floor quale species del genus interest rate options. La disciplina del contratto è unitaria, come unitaria appare la causa, ravvisata in quella del negozio di maggior rilievo, cioè il finanziamento, a cui è stato aggiunto un singolo elemento che in esso si fonde (cd. teoria dell’assorbimento). Il “criterio della prevalenza delle finalità”previsto dalle Disposizioni di trasparenza della Banca d’Italia del 29 luglio 2009 induce a ritenere che le regole del Testo unico bancario siano applicabili in via esclusiva.
La natura dei contratti di finanziamento che incorporano componenti derivative richiede, secondo altra Dottrina, (i)l ’applicazione della disciplina dell’intermediazione finanziaria (perché la componente derivativa è un derivato che va commercializzato con la consapevolezza da parte del cliente di entrare in un investimento e secondo le regole dei derivati) e (ii) il riconoscimento della rilevanza causale della componente derivativa (che richiede che l’alea sia razionale e così che il cliente conosca e condivida sotto ogni profilo la componente finanziaria del rischio). L’applicazione della disciplina del T.U.F. e dell’intermediazione finanziaria, può effettivamente presentare l’inconveniente di appesantire l’operatività degli intermediari ma, sotto un primo aspetto, risolve i possibili conflitti tra discipline speciali, con l’applicazione della disciplina di maggior tutela per i clienti e per la fiducia nei mercati, sotto un secondo aspetto, fornisce la migliore garanzia della certezza dei rapporti giuridici (che resta la prima esigenza da assicurare, anche sui mercati (così Daniele Maffeis, I derivati incorporati sono derivati ed incidono sulla qualificazione civilistica dei contratti di finanziamento, cit, 1396). Per l’applicazione della disciplina dell’intermediazione finanziaria, cfr. anche Massimo Cognolato, Componenti derivative e causa di finanziamento, cit., 1758.
Contra, Andrea Dalmartello, Note sulla «cláusula suelo» (clausola floor) nel mutuo bancario di diritto spagnolo: trasparenza delle clausole abusive e (ir)retroattività della nullità di protezione, cit., 768, per il quale la tesi del derivato implicito non ha riscontro giuridico, nè regolatorio (sul punto cfr. anche Aldo Angelo Dolmetta, Di derivati impliciti e di derivati apparenti, cit, 4 ss.); Emilio Girino, I derivati "impliciti": virtù e vizi della scomposizione, cit., ad avviso del quale non ricorrerebbe la “differenzialità pura” e “se si affermasse la sussistenza di un derivato in quelle che, in definitiva, altro non sono che pattuizioni di prezzo, si svuoterebbe di significato la stessa fattispecie derivativa, la quale diverrebbe inaccettabilmente riscontrabile in (nel risultato economico di) qualsiasi contratto a termine o ad esecuzione continuata e non solo, come invece è, in quella stipulazione che, prescindendo dall’apprensione del fondamentale, miri invece ad acquisirne la sola differenza di valore”;Fabio Civale, Euribor negativo, interessi e clausole floor, in www.dirittobancario.it, 2015, 12 , secondo il quale “attraverso la conclusione del contratto di mutuo le parti intendono trasferire una somma di denaro e non trasferire un rischio, ciò al di là delle metodologie attraverso cui è determinato il tasso (prezzo per il cliente) o la misura delle soglie floor, cap o collar che possono pur attingere a formule e modelli di natura finanziaria”. Anche Francesco Caputo Nassetti,Le clausole di indicizzazione nei finanziamenti e nei leasing, cit.,377, esclude la natura derivativa.