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Il dossier del Servizio Studi del Senato e della Camera sul D.L. concernente Disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di Banca popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A.

  • Autore:

    G. MANTOVANO

Allegati:
Il dossier del Servizio Studi del Senato e della Camera sul D.L. concernente Disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di Banca popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A.

Pubblicato dal Servizio Studi del Senato e della Camera il dossier sul Decreto-legge 25 giugno 2017 n. 99 (GU n. 146 del 25 giugno 2017) recante disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A. Ne riportiamo la "Premessa".

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Il provvedimento in esame introduce disposizioni urgenti per facilitare la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A. e per garantire la continuità del sostegno del credito alle famiglie e alle imprese del territorio. Tali misure consistono anzitutto nella vendita di parte delle attività delle due banche a un acquirente - di fatto individuato in Intesa Sanpaolo - ed il trasferimento del relativo personale.

Per garantire la continuità dell'accesso al credito da parte delle famiglie e delle imprese, nonché per la gestione dei processi di ristrutturazione delle banche in liquidazione, si dispone: una iniezione di liquidità pari a circa 4,8 miliardi di euro; la concessione di garanzie statali, per un ammontare massimo di circa 12 miliardi di euro, sul finanziamento della massa liquidatoria dei due istituti da parte di Intesa Sanpaolo.

Per i creditori subordinati delle banche che siano investitori al dettaglio è previsto un meccanismo di ristoro analogo a quello stabilito dal decreto legge n. 59 del 2016 per gli istituti posti in risoluzione nel novembre 2015; le prestazioni sono a carico del Fondo interbancario di tutela dei depositanti.

Sono introdotte misure per rendere fiscalmente neutre le operazioni di cessione e gli interventi pubblici che le possono accompagnare. Si intende inoltre consentire il trasferimento dei crediti per le imposte differite delle banche in liquidazione al cessionario dell'azienda bancaria.

Si ricorda che il 23 giugno 2017 la Banca Centrale Europea ha dichiarato le due banche in condizione di dissesto (failing or likely to fail). Secondo le regole UE, una banca in dissesto ordinariamente viene sottoposta a liquidazione secondo le ordinarie procedure di insolvenza, salvo il caso in cui il Comitato unico di risoluzione reputi che vi sia un interesse pubblico a sottoporre l'istituto a risoluzione, in quanto la liquidazione ordinaria potrebbe compromettere la stabilità finanziaria, interrompere la prestazione di funzioni essenziali e pregiudicare la tutela dei depositanti (considerando 45 della direttiva 2014/59/UE, cd. BRRD, che reca la disciplina europea dei salvataggi bancari).

Nella medesima data, il predetto Comitato di risoluzione unico (SRB – Single Resolution Board), richiesto di valutare se vi fossero tutti i requisiti per una risoluzione secondo la disciplina europea per i salvataggi bancari (direttiva 2014/59/UE, cd. BRRD), è giunto alla conclusione che non è possibile dichiarare la risoluzione, in quanto non sussiste il requisito dell'interesse pubblico. In tali circostanze le regole europee prevedono l'applicazione delle procedure di insolvenza di ciascuno Stato, sotto l'egida della competente autorità nazionale di vigilanza a specifiche condizioni.

Si ricorda in proposito che la citata direttiva BRRD (articolo 32, par.1, lettera c) della direttiva 2014/59/UE) e i decreti legislativi di recepimento (in particolare il D.Lgs. n. 180 del 2015, all'articolo 20, comma 2) prevedono che la risoluzione è disposta quando la relativa autorità ha accertato la sussistenza dell'interesse pubblico.

La disciplina della crisi degli istituti bancari è stata profondamente modificata dalla predetta direttiva BRRD, che ha introdotto una nuova modalità di gestione delle crisi: la cd. risoluzione, con cui viene avviato un processo di ristrutturazione gestito da autorità indipendenti – le autorità di risoluzione – che, attraverso l'utilizzo di tecniche e poteri offerti dalle disposizioni europee, mira a evitare interruzioni nella prestazione dei servizi essenziali offerti dalla banca (ad esempio, i depositi e i servizi di pagamento); ripristinare condizioni di sostenibilità economica della parte sana della banca; liquidare le parti restanti.

Secondo le regole UE, una banca in dissesto è ordinariamente sottoposta a liquidazione secondo le ordinarie procedure di insolvenza, salvo il caso in cui il Comitato unico di risoluzione reputi che vi sia un interesse pubblico a sottoporre l'istituto a risoluzione, in quanto la liquidazione ordinaria potrebbe mettere a repentaglio la stabilità finanziare, interrompere lo svolgimento di funzioni critiche e mettere a repentaglio la tutela dei depositanti (considerando 45 della direttiva BRRD).

La normativa italiana di recepimento riconosce sussistente detto interesse pubblico ove la risoluzione è necessaria e proporzionata per conseguire uno o più obiettivi indicati all'articolo 21 del D.Lgs. n. 180/2015 (continuità delle funzioni essenziali dei soggetti in crisi, stabilità finanziaria, contenimento degli oneri a carico delle finanze pubbliche, tutela dei depositanti e degli investitori protetti da sistemi di garanzia o di indennizzo, nonché dei fondi e delle altre attività della clientela) e la sottoposizione della banca a liquidazione coatta amministrativa non consentirebbe di realizzare questi obiettivi nella stessa misura.

Di conseguenza in presenza di uno stato di dissesto, anche solo prospettico, le autorità competenti devono valutare se è possibile attivare la procedura ordinaria di liquidazione coatta amministrativa o se è utile avviare la procedura di risoluzione. Fuori dal contesto della risoluzione, le regole europee prevedono la possibilità di richiedere l'approvazione della Commissione UE sull'uso di aiuti pubblici per facilitare la liquidazione.

Più in dettaglio, ove gli Stati membri ritengano necessario prendere in considerazione un intervento pubblico per mitigare gli effetti dell'uscita dal mercato di un istituto bancario, trovano applicazione le regole europee in tema di aiuti di Stato: in particolare, per il settore bancario le regole sono individuate nella Comunicazione della Commissione UE del luglio 2013 (cd. Banking Communication). Essa richiede che i possessori di azioni e di obbligazioni subordinate contribuiscano pienamente ai costi di risanamento (cd misure di burden sharing), in modo tale che le distorsioni della concorrenza siano limitate. Dall'altro lato, le medesime regole UE stabiliscono che i possessori di obbligazioni senior non devono contribuire al risanamento e i depositanti rimangono pienamente tutelati, coerentemente alle regole UE.

La Commissione UE riferisce che l'Italia, in tale contesto, ha ritenuto che la liquidazione delle due banche possa avere un forte impatto sull'economia reale delle regioni in cui esse sono maggiormente operative.

Il Governo ha dunque ritenuto necessario applicare la normativa del Testo unico bancario (D.Lgs. n. 385 del 1993, articoli 80-95), che prevede l'avvio della procedura di liquidazione coatta amministrativa e contestualmente adottare misure di aiuto pubblico volte a sostenere una gestione ordinata della crisi delle due banche, nel contesto di una speciale procedura d'insolvenza.

Il 24 giugno 2017 l'Italia ha notificato alla Commissione Europea il piano di aiuti per facilitare la liquidazione di BPVi e Veneto Banca.

Il 25 giugno 2017 la Commissione ha approvato le misure predisposte dall'Italia e contenute nel provvedimento in esame.

Come riferito dal Commissario alla Concorrenza, Margrethe Vestager, la decisione della Commissione consente all'Italia di adottare misure volte a facilitare la liquidazione di entrambi gli istituti. In particolare, lo Stato italiano intende supportare la vendita e l'integrazione degli asset, così come il trasferimento dei dipendenti, ad Intesa Sanpaolo. Secondo quanto riportato dal Commissario, i possessori di azioni e i creditori junior hanno pienamente contribuito al risanamento, così riducendo i costi a carico dello Stato, mentre i depositanti rimangono pienamente tutelati. Tali misure, come affermato dal Commissario, contribuiranno a rimuovere 18 miliardi di crediti deteriorati (non performing loans) dal sistema bancario italiano, sostenendo così il suo consolidamento.

Come anticipato, le misure consistono anzitutto nella vendita di parte delle attività delle due banche a Intesa Sanpaolo, ivi incluso il trasferimento del relativo personale. Sotto il profilo finanziario, le misure adottate dal Governo per garantire la continuità dell'accesso al credito da parte delle famiglie e delle imprese, nonché per la gestione dei processi di ristrutturazione delle banche in liquidazione consistono in 2 iniezioni di liquidità pari a 4,8 miliardi di euro. A questa cifra si aggiungono circa 400 milioni, quale eventuale costo da sostenere per le garanzie prestate dallo Stato sugli impegni delle banche in liquidazione, per un ammontare massimo di circa 12 miliardi di euro.

La Commissione ha ritenuto che tali misure siano in linea con la regolamentazione europea in materia di aiuti di Stato alle banche e, in particolare, con la citata Comunicazione della Commissione di luglio 2013 sugli aiuti di Stato al settore bancario, in quanto gli attuali possessori di azioni e di obbligazioni subordinate hanno pienamente contribuito ai costi del risanamento, riducendo così il costo dell'intervento per lo Stato.

Entrambi gli istituti destinatari degli aiuti saranno dunque liquidati in modo ordinato e usciranno dal mercato; le attività trasferite a Intesa San Paolo verranno ristrutturate e significativamente ridotte; queste misure limiteranno le distorsioni della concorrenza che vengono da tali aiuti. La Commissione riferisce che sia le garanzie sia gli apporti di capitale sono coperti dai crediti di rango più elevato (senior) vantati dallo Stato italiano sulle attività comprese nella massa fallimentare.

Di conseguenza, il costo netto per lo Stato italiano sarà nettamente inferiore all'importo nominale dei provvedimenti previsti.

Inoltre, a parere della Commissione, il soggetto acquirente (Intesa) è stato scelto in una procedura aperta, equa e trasparente, gestita interamente dalle autorità italiane, che hanno assicurato la vendita degli asset secondo la migliore offerta ricevuta: non si tratta dunque di un aiuto di Stato nei confronti di Intesa. Le autorità europee reputano che detta vendita consentirà di abbassare l'ammontare della rimanente massa liquidatoria, finanziata da crediti forniti da Intesa.

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