Tribunale di Padova: l'esigenza di una simmetria di metodologia di calcolo del TEGM e del TEG contrattuale non può prevalere sul dato testuale della L. n. 108 del 1996 ai fini della verifica dell'usura
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Fonte:
www.leggiditaliaprofessionale.it
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Autore:
G. MANTOVANO
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Provvedimento:
Trib. Padova Sez. I, Sent., 10-03-2017
Riportiamo uno stralcio della sentenza di Trib. Padova Sez. I, Sent., 10-03-2017, di chiaro interesse, in quanto evidenzia la preferenza per l'orientamento espresso dalla Cassazione penale, in ordine all'inclusione della C.m.s. tra gli oneri rilevanti ai fini del calcolo del TEGM, antecedentemente alla L. 28 gennaio 2009, n. 2. In contrario avviso rispetto rispetto alla pronuncia della Cassazione civile, con la nota sentenza n. 12965 del 22.6.2016
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" .... Alla luce della sentenza della Cassazione penale n. 12028 del 2010, si ritiene che il corretto criterio di rilevazione dei tassi applicati sia infatti quello che considera altresì la commissione di massimo scoperto, ove applicata.
La rilevazione del tegm sulla base delle Istruzioni della B.D. e la determinazione del teg della singola operazione sono due operazioni distinte, che rispondono a funzioni diverse e hanno ad oggetto aggregati di costo che, pure definiti in maniera omogenea, non sono perfettamente sovrapponibili.
La funzione del tegm è fotografare il costo del credito e l'andamento dei tassi medi del mercato, distinti per categorie ; si tratta di una rilevazione statistica e nell'effettuare tale rilevazione la B.D. esercita una sua discrezionalità tecnica, selezionando per esempio le categorie di operazioni escluse o le voci di costo rilevanti.
L'art. 644 c.p. è norma penale in bianco, nel senso che non può operare senza i decreti ministeriali dm che fissano il tegm da cui ricavare i tassi soglia, ma non contiene alcuna delega per l'individuazione delle voci di costo rilevanti, indica invece espressamente che rilevano tutte le voci collegate all'erogazione del credito.
Tale assunto è stato fatto proprio dalla Suprema Corte con riferimento appunto alla commissione di massimo scoperto.
Partendo dalla sua definizione contenuta nelle istruzioni di vigilanza, la Corte afferma, come peraltro già sostenuto nella sentenza della Cassazione n. 870 del 18.1.2006, che tale voce costituisce non un interesse in senso tecnico, bensì un onere posto in relazione allo scoperto di conto corrente, il quale non può però non considerarsi un costo collegato all'erogazione del credito, con la conseguenza di computarlo ai fini della determinazione del tasso soglia, alla luce del disposto dell'art. 644, quarto comma, c.p. secondo il quale "per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito".
Tale interpretazione risulta poi avvalorata dalla successiva normativa intervenuta in materia, da ritenersi di interpretazione autentica del quarto comma dell'art. 644 c.p.
L'art. 2 bis D.L. n. 185 del 2008, convertito in L. n. 2 del 2009, infatti, disciplina espressamente la commissione di massimo scoperto e specificamente prevede che la stessa sia rilevante ai fini dell'applicazione dell'art. 1815 c.c., dell'art. 644 c.p. e degli articoli 2 e 3 della L. 7 marzo 1996, n. 108; le istruzioni dell'agosto 2009 della B.D. per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi comprendono quindi tra le voci da comprendere nel calcolo anche le commissioni di massimo scoperto.
Nella citata pronuncia 12028 del 2010 si legge infatti che "il chiaro tenore letterale dell'art. 644 c.p., comma 4 (secondo il quale per la determinazione del tasso di Interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per Imposte e tasse, collegate all'erogazione del credito) impone di considerare rilevanti, ai fini della determinazione della fattispecie di usura, tutti gli oneri che un utente sopporti in connessione con il suo uso del credito. Tra essi rientra indubbiamente la Commissione di massimo scoperto, trattandosi di un costo indiscutibilmente collegato all'erogazione del credito, giacché ricorre tutte le volte in cui il cliente utilizza concretamente lo scoperto di conto corrente, e funge da corrispettivo per l'onere, a cui l'intermediario finanziario si sottopone, di procurarsi la necessaria provvista di liquidità e tenerla a disposizione del cliente. Ciò comporta che, nella determinazione del tasso effettivo globale praticato da un intermediario finanziario nei confronti del soggetto fruitore del credito deve tenersi conto anche della commissione di massimo scoperto, ove praticata. Tale interpretazione risulta avvalorata dalla normativa successivamente intervenuta in materia di contratti bancari. Al riguardo occorre richiamare il D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 2 bis, convertito con la L. 28 gennaio 2009, n. 2. Tale art., al comma 1 disciplina le clausole contrattuali aventi ad oggetto la commissione di massimo scoperto, ridimensionandone l'operatività. Al comma 2 precisa che: "gli interessi, le commissioni, le provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente (..) sono comunque rilevanti ai fini dell'applicazione dell'art. 1815 c.c., dell'art. 644 c.p. e della L. 7 marzo 1996, n. 108, artt. 2 e 3". In applicazione di tale normativa la B.D. ha diramato, nell'agosto del 2009, le nuove Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull'usura. Al punto C.4 (trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG) sono indicate (sub 7) fra le varie voci da comprendere nel calcolo anche: "gli oneri per la messa a disposizione dei fondi, le penali e gli oneri applicati nel caso di passaggio a debito di conti non affidati o negli sconfinamenti sui conti correnti affidati rispetto al fido accordato e la commissione di massimo scoperto laddove applicabile secondo le disposizioni di legge vigenti".La disposizione in parola, per quel che interessa in questa sede, può essere considerata norma di interpretazione autentica dell'art. 644 c.p., comma 4 in quanto puntualizza cosa rientra nel calcolo degli oneri ivi indicati, correggendo una prassi amministrativa difforme".
Sul punto si è nuovamente espressa la Corte di Cassazione penale, con la pronuncia 28743 del 2010, confermando la correttezza di tale indirizzo e in particolare la non utilizzabilità delle istruzioni della B.D. datate 2.12.2005, in quanto pacificamente non conformi alle indicazioni di cui alla L. n. 108 del 1996.
Nella successiva pronuncia 46669 del 2011 la Cassazione penale ha ribadito che la rilevazione dell' usura va fatta "indipendentemente dalle istruzioni o direttive della B.D. (circolare della B.D. 30.9.1996 e successive) in cui si prevedeva che la CMS non dovesse essere valutata ai fini della determinazione del tasso effettivo globale degli interessi, traducendosi in un aggiramento della norma penale che impone alla legge di stabilire il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Le circolari e le istruzioni della B.D. non rappresentano una fonte di diritti ed obblighi".
Dalla considerazione ai fini dell'usura oltre che degli interessi delle altre voci di costo inerenti il credito deriva che, in caso di riscontrato superamento dell'usura, vanno espunti non solo gli interessi ma tutte le voci di costo considerate ai fini della verifica, così che corretta appare la soluzione proposta dal ctu secondo la L. n. 108 del 1996.
Si prende atto della recente pronuncia della Suprema Corte con la sentenza n. 12965 del 22.6.2016, ma la scrivente ritiene più convincenti le argomentazioni sopra riportate e sostenute dalla Cassazione penale, in quanto l'esigenza di una simmetria di metodologia di calcolo del TEGM e del TEG contrattuale non può prevalere sul chiaro dato testuale della L. n. 108 del 1996 in punto elementi da computare ai fini della verifica dell'usura."