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Concordato preventivo: cessione dei beni a condizioni diverse della proposta; atto in frode ai creditori

  • Autore:

    G. MANTOVANO

  • Provvedimento:

    Corte di Cassazione, sez. I civ., 7 marzo 2017, n. 11540 (dep. 11 maggio 2017)

Concordato preventivo: cessione dei beni a condizioni diverse della proposta; atto in frode ai creditori

Un breve cenno alla vicenda sottoposta al vaglio della Suprema Corte (Cass. civ. Sez. I, Ord., 11-05-2017, n. 11540, pubblicata in www.fallimentiesocieta.it).

In conseguenza della revoca dell'ammissione al concordato preventivo, il Tribunale dichiarava il fallimento della s.n.c. e dei soci illimitatamente responsabili. Il reclamo della società fallita e dei soci in proprio veniva rigettato dalla Corte d'appello, la quale, a sostegno della decisione, evidenziava i seguenti fatti:

- la proposta concordataria era stata basata sulla cessione del magazzino ad una società di nuova costituzione, in forza della condizione, centrale e determinante, che il pagamento del prezzo delle singole cessioni avvenisse "entro il terzo mese successivo (...) di ogni consegna materiale", dietro presentazione di regolare fattura, "sulla base del corrispettivo dei singoli beni consegnati/ceduti, come indicato nella relazione di stima";

- dopo la stipula dell'accordo la proponente aveva invece sistematicamente violato la condizione detta, atteso che il pagamento dei beni ceduti era avvenuto non in contanti o con mezzi normali, ma attraverso la cessione di cambiali tratte non accettate dal debitore ceduto, emesse a fronte di crediti vantati dall'acquirente nei confronti di propri clienti, con consequenziale ricaduta sulla procedura dell'alea di non incassare alcunchè;

- ciò aveva costituito "inosservanza delle previsioni stabilite nel piano concordatario, in pregiudizio dei creditori", in quanto aveva impedito che venissero messe a disposizione della società le risorse preventivate nel piano, nei termini indicati;

- in ogni caso la reiterata accettazione delle menzionate modalità di pagamento, nonostante le diffide inviate dal commissario giudiziale, aveva costituito atto di straordinaria amministrazione non autorizzato ai sensi dell'art. 167 L. Fall. e, comunque, atto di frode rilevante ai sensi dell'art. 173, comma 3, stessa legge. 

La società e i soci avevano quindi proposto ricorso per cassazione nei riguardi della sentenza emessa. Con l'ordinanza in esame la Suprema Corte affronta il profilo della configurabilità o meno, come atto di straordinaria amministrazione suscettivo di necessaria previa autorizzazione (art. 167 L. Fall.), ovvero come atto di frode (art. 173L. Fall.), della cessione di beni da parte dell'imprenditore ammesso al concordato preventivo a condizioni di pagamento diverse da quelle indicate nella proposta.

I Giudici di legittimità rilevano che gli atti di frode vanno intesi, sul piano oggettivo, come le condotte volte a occultare situazioni di fatto idonee a influire sul giudizio dei creditori, aventi valenza potenzialmente decettiva per l'idoneità a pregiudicare il consenso informato degli stessi sulle reali prospettive di soddisfacimento in caso di liquidazione; situazioni inizialmente ignorate dagli organi della procedura e dai creditori e successivamente accertate nella loro sussistenza o anche solo nella loro completezza e integrale rilevanza, a fronte di una precedente inadeguata rappresentazione. il requisito soggettivo è rappresentato dalla sola volontarietà della condotta, di cui non è invece necessaria la dolosa preordinazione (v. Cass. n. 17191-14; Cass. n. 9050-14).

Per quanto emerge dall'impugnata sentenza, la prescelta modalità di realizzazione del magazzino, a parere della Suprema Corte, era stata non soltanto idonea a incidere negativamente sul patrimonio del debitore, pregiudicandone la consistenza o compromettendone la capacità a soddisfare le ragioni dei creditori per il fatto di non determinare l'acquisizione di utilità economiche immediate e reali, ma aveva avuto l'effetto di far ricadere sulla procedura il rischio di non incassare in effetti alcuna somma nei tempi stabiliti come necessari alla realizzazione del piano concordatario, a fronte invece di una proposta previdente tempi certi di incasso e come tale approvata dai creditori. Da tale punto di vista, la decisione di merito è  stata ritenuta conforme a diritto e, conseguentemente, rigettato il ricorso.  

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