La Suprema Corte affronta il tema della mancata produzione in giudizio del contratto sottoscritto dalla Banca
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Fonte:
www.dirittobancario.it
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Provvedimento:
Cassazione Civile, Sez. I, 14 marzo 2017, n. 6559 – Pres. Giancola – Rel. Dolmetta
Di grande interesse la pronuncia della Suprema Corte (Cass. civ. Sez. I, Sent., 14-03-2017, n. 6559, segnalata da U. Malvagna in www.dirittobancario.it,) che affronta, tra gli altri, il tema della forma scritta dei contratti bancari imposta dalla norma dell'art. 117 del testo unico bancario. Nella vicenda in questione la banca ricorrente censurava la soluzione adottata dalla Corte di Appello di escludere nella specie la sussistenza di un valido contratto inter partes.
Più in particolare, la ricorrente richiamava una frequente prassi bancaria di concludere i contratti di esercizio della relativa impresa non già a mezzo di un unico documento, bensì con due documenti separati. E affermava che alla mancata produzione in giudizio del documento sottoscritto dalla Banca ben può supplirsi mediante il ricorso alla prova presuntiva per rimediare alla perdita incolpevole di uno dei due documenti negoziali, poichè la normativa sulla trasparenza bancaria non ha per nulla inciso su questo specifico aspetto.
A parere della banca ricorrente, nella specie, la Corte avrebbe dovuto considerare la "manifestazione di volontà contenuta nel precetto notificato a S.F. nell'agosto del 1996 (atto da cui emergeva l'intento della banca creditrice di avvalersi del contratto di mutuo)", in quanto "il contraente che non abbia sottoscritto l'atto può perfezionare il negozio con atti equivalenti", come dato, in particolare, da una "qualsiasi... manifestazione di volontà, risultante da uno scritto diretto alla controparte e dal quale emerga l'intento di avvalersi del contratto".
Con la sentenza in esame la Suprema Corte afferma che:
"Il motivo si manifesta per una parte inammissibile e per altra infondato. Quanto al primo profilo è da segnalare la novità della questione relativa alla "perdita incolpevole" del documento contrattuale da parte della Banca, che per l'appunto non risulta sollevato, o toccato, nei precedenti gradi del giudizio. Non si può omettere di rilevare, d'altro canto, che l'esposizione del ricorrente trascura di indicare quale sarebbero, nella specie, ragione e circostanze dell'assunta perdita del documento contrattuale, come pure quelle attinenti alla mancanza di colpa del contraente medesimo.
Quanto al profilo dell'infondatezza vanno pur in breve richiamati anche a conferma della corretta soluzione offerta dalla Corte salentina (per cui "la richiesta scritta di una parte può valere infatti come "contratto" solo se risulti da altro atto pure scritto, redatto contestualmente o successivamente, un'accettazione della controparte") - i principi di recente espressi dalla sentenza di Cass. 24 marzo 2016, n. 5919, a cui la presente pronuncia viene a dare continuità.
Sottolineato come nella materia finanziaria e bancaria l'onere della necessaria forma scritta dei contratti sia imposta "a fini protettivi del cliente", la detta sentenza rileva che tale forma "non è incompatibile con la formazione del contratto attraverso lo scambio di due documenti, entrambi del medesimo tenore, ciascuno sottoscritto dall'altro contraente"; e precisa che allora, e cioè "in caso di formazione dell'accordo mediante lo scambio di distinte scritture inscindibilmente collegate", "il requisito della forma scritta ad substantiam in tanto è soddisfatto, in quanto entrambe le scritture, e le corrispondenti dichiarazioni negoziali... siano formalizzate". La mancata sottoscrizione di una scrittura privata - continua la sentenza n. 5919/2016 -, può essere supplita, nel rispetto di una determinata serie di condizioni, dalla produzione in giudizio del documento contrattuale da parte del contraente, che non ha sottoscritto lo stesso e che pure se intende avvalere; in ogni caso, però, la produzione in giudizio, quando viene a realizzare un equivalente della sottoscrizione, comporta un perfezionamento del contratto che "non può non verificarsi se non ex nunc, e non ex tunc".
Sulla base di queste premesse risulta evidente che l'assunto svolto dal ricorrente - per cui è sufficiente, in materia, una qualunque manifestazione scritta e diretta a controparte dell'intento di avvalersi del contratto e che a supporto della propria posizione invoca, per il caso di specie, l'invio al cliente di un atto di precetto - si scontra con la constatazione che l'atto di precetto non riproduce per intero il testo contrattuale, come invece sarebbe necessario (per di più violando, tra l'altro, pure la norma dell'art. 117, comma 4, del T.U. bancario, che prescrive la necessaria indicazione in contratto di tutte le condizione economiche che si intendono praticare). E anche trascura che l'atto di precetto intervene solo ex post, dopo che il rapporto ha avuto in un modo o nell'altro pieno svolgimento (lo stesso, quindi, sarebbe comunque inidoneo, operando ex nunc, a coprire la sostanza del medesimo). Del resto, l'assunto formulato dal ricorrente viene anche a compromettere del tutto il dovere di consegna di un "esemplare" del contratto al cliente - in quanto tale, propriamente sottoscritto in originale dalla banca -, che pure la norma dell'art. 117 TUB pone esplicitamente in capo alla banca medesima".