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In un contratto di mutuo se gli interessi lecitamente pattuiti superano il tasso soglia, nel corso del rapporto, vanno ricondotti al tasso soglia medesimo

  • Autore:

    G. MANTOVANO

  • Provvedimento:

    Cass. civ. Sez. I, Sent., 12-04-2017, n. 9405

In un contratto di mutuo se gli interessi lecitamente pattuiti superano il tasso soglia, nel corso del rapporto, vanno ricondotti al tasso soglia medesimo

Con la sentenza n. 9405 del 12-04-2017 la I sez. civ. della Suprema Corte di Cassazione affronta il tema dell'usurarietà sopravvenuta, nell'ambito di un rapporto di mutuo in cui gli interessi pattuiti originariamente erano leciti.

Nel primo motivo di ricorso la parte ricorrente deduceva la violazione della L. n. 108 del 1996, del D.L. n. 394 del 2000, degli artt. 1339, 1367, 1418, 1419, 1424 e 1815 c.c. in correlazione con l'art. 3 Cost. per non aver la Corte di Appello applicato il seguente principio di diritto alla fattispecie dedotta in giudizio: quando gli interessi originariamente pattuiti sono al di sotto del tasso soglia oppure sono determinati in epoca antecedente all'emanazione della normativa, ma nel corso del rapporto superino il tasso soglia, deve procedersi alla riduzione del tasso a quello legale. 

La Suprema Corte ritiene fondata la doglianza, affermando che la diversità delle opzioni interpretative si è formata, anche successivamente all'entrata in vigore della norma d'interpretazione autentica introdotta dal D.L. n. 394 del 2000, art. 1, comma 1 convertito nella L. n. 241 del 2001, ritenuta costituzionalmente legittima dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 29 del 2002. Nell'art. 1 sopra citato è affermato che s'intendono usurari gli interessi che superano il limite legale nel momento in cui sono promessi o convenuti, indipendentemente dal momento del pagamento. Tale scelta legislativa secondo la quale "le sanzioni penali e civili stabilite nell'art. 644 c.p. e art. 1815 c.c. trovano applicazione con riguardo alle sole ipotesi di pattuizioni originariamente usurarie, costituisce tra le tante astrattamente possibili - un'interpretazione chiara e lineare delle suddette norme codicistiche e non determina alcuna efficacia irrazionalmente sanante della natura usuraria di tassi d'interesse corrispettivo contenuti in contratti preesistenti".(sent. Corte Cost. 29 del 2002).

Una delle opzioni interpretative esclude che, all'esito dell'interpretazione autentica intervenuta D.L. n. 394 del 2000, ex art. 1 convertito nella L. n. 241 del 2001, il superamento del tasso soglia degli interessi corrispettivi originariamente convenuti in modo legittimo, in corso di esecuzione del rapporto possa determinare ex art. 1339 e 1418 c.c. la riduzione entro i limiti stabiliti dalla legge così come integrata dai D.M. periodicamente emanati e contenenti la determinazione del tasso predetto per le diverse tipologie contrattuali cui esso è applicabile. Viene valorizzato il dato testuale dell'art. 1 ed in particolare la locuzione "indipendentemente dal loro pagamento". La legittimità iniziale del tasso convenzionalmente pattuito spiega la sua efficacia per tutta la durata del contratto nonostante l'eventuale sopravvenuta disposizione imperativa che per una frazione o per tutta la durata del contratto, successiva alla sua instaurazione, ne indichi la natura usuraria a partire da quel momento in poi.

Questo orientamento, formatosi su fattispecie consistenti in contratti stipulati prima dell'entrata in vigore della L. n. 108 del 1996 ha trovato conferma nel 2016 con la sentenza n. 801 (preceduta da Cass. n. 480 del 2003; 6514 del 2007; 26499 del 2009).

Successivamente a tale pronuncia tuttavia, sostenuto da un rilevante numero di precedenti anche recenti (Cass. 2140 del 2006, con espresso riferimento alla norma d'interpretazione autentica, 17854 del 2007; 602 del 2013 e 6550 del 2013) si è affermato un orientamento contrario che, a parere della Suprema Corte, merita adesione, con la pronuncia n. 17150 del 2016, secondo la quale "Le norme che prevedono la nullità dei patti contrattuali che determinano la misura degli interessi in tassi così elevati da raggiungere la soglia dell'usura (introdotte con la L. n. 108 del 1996, art. 4), pur non essendo retroattive, comportano l'inefficacia "ex nunc" delle clausole dei contratti conclusi prima della loro entrata in vigore sulla base del semplice rilievo, operabile anche d'ufficio dal giudice, che il rapporto giuridico, a tale momento, non si era ancora esaurito".

Alla luce di questo orientamento la norma d'interpretazione autentica contenuta nel citato D.L. n. 394 del 2000, art. 1 convertito nella L. n. 241 del 2001, secondo la quale la valutazione dell'usurarietà del tasso d'interesse deve essere svolta sulla base di quello pattuito originariamente, non elimina l'efficacia del rilievo dell'illiceità dovuta al sopravvenuto superamento del tasso soglia ma esclude che possano essere applicate le sanzioni civili e penali (come specificamente indicato da Corte Cost. n. 29 del 2002) stabilite all'art. 644 c.p. e art. 1815 c.c.. Questa costituisce l'unica opzione ermeneutica compatibile con la natura inderogabile ed imperativa della determinazione normativa periodica dei tassi soglia per ciascuna tipologia contrattuale ivi prevista.

Pertanto ove, come nella specie, il rilievo dell'usurarietà sopravvenuta sia stato tempestivamente eccepito, il giudice del merito, afferma la sentenza in esame, "è tenuto ad accertarlo per la frazione temporale nella quale il superamento del tasso soglia sia effettivamente intervenuto ed applicare per quel segmento del rapporto contrattuale il tasso soglia previsto in via normativa secondo la rilevazione trimestrale eseguita L. n. 108 del 1996, ex art. 2".

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 Più in generale, per ulteriori riferimenti bibliografici e senza alcuna pretesa di esaustività, a far data dal 2001, vedasi il link REATO di USURA, tratto da www.iusimpresa.com - Osservatorio bibliografico del Diritto dell'economia 

 

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