La Suprema Corte chiarisce gli obblighi di informazione "attiva" in tema di intermediazione finanziaria
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Autore:
G. MANTOVANO
La Suprema Corte di Cassazione, sez. I civ., con la sentenza n. 9066 del 07-04-2017, pubblicata in www.dirittobancario.it , ha affermato il seguente principio di diritto: "In tema di intermediazione finanziaria, al cliente deve essere fornita una informazione specifica e circostanziata sul prodotto finanziario oggetto della negoziazione, non essendo sufficienti, a tal fine, nè la consegna del prospetto generale dei rischi degli investimenti in strumenti finanziari, previsto dall'art. 28, comma 1, lett. b) reg. Consob n. 11522/1998, nè altre comunicazioni di tipo generico e standardizzato".
Più in dettaglio si riporta di seguito uno stralcio della pronuncia:
"I doveri di informazione imposti dall'art. 21 t.u.f. e dal reg. Consob n. 11522/1998 all'intermediario, finanziario nella prestazione dei servizi di investimento hanno notoriamente ad oggetto doveri di informazione "passiva" (c.d. know your costumer rule), consistenti nella richiesta delle informazioni indicate all'art. 28, lett. a) reg. cit., sia in doveri di informazione "attiva" (c.d. know the security rute), che culminano nell'obbligo di segnalare al cliente l'inadeguatezza dell'operazione e di astenersi dall'effettuarla, salvo il cliente manifesti per iscritto o su supporto durevole la chiara volontà di procedere all'operazione stessa.
Tale obbligo di informazione "attiva" ha una connotazione di specificità. Come questa Corte ha ricordato di recente, esso deve sostanziarsi nella rappresentazione, all'investitore, della natura, della quantità e della qualità dei prodotti finanziari, oltre che nella formulazione delle indicazioni atte a dar conto della loro rischiosità (Cass. 21 aprile 2016, n. 8089). In particolare - è stato ancora sottolineato -, l'obbligo informativo ha ad oggetto la natura e le caratteristiche peculiari del titolo, con particolare riferimento alla rischiosità del prodotto finanziario offerto, la precisa individuazione del soggetto emittente, non essendo sufficiente la mera indicazione che si tratta di un "Paese emergente", il rating nel periodo di esecuzione dell'operazione ed il connesso rapporto tra il rendimento e il rischio, eventuali carenze di informazioni circa le caratteristiche concrete del titolo (situazioni cd. di "grey market") e l'avvertimento circa il pericolo di un imminente default dell'emittente (Cass. 26 gennaio 2016, n. 1376).
E' evidente, allora, che l'obbligo di cui trattasi non è assolto attraverso informazioni di carattere generale afferenti l'attività di investimento, quand'anche essa sia riferita a particolari tipologie di prodotti finanziari. In particolare, l'obbligo informativo non può esaurirsi nella consegna agli investitori del documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari, previsto dall'art. 28, comma 1, lett. b) reg. Consob n. 1152/1998, e richiamato dalla sentenza impugnata per dar conto dell'adempimento dell'obbligo stesso da parte dell'intermediario: lo si desume dal 3 co. dello stesso art. 28, con il quale si prevede che gli intermediari autorizzati non possano effettuare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito all'investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento. Quest'ultima previsione fa comprendere, infatti, come l'intermediario sia tenuto a prestare un'attività informativa ulteriore rispetto a quella consistente nella consegna del predetto documento sui rischi generali.
L'obbligo della banca non può ritenersi assolto nemmeno attraverso la comunicazione relativa ai rischi connessi agli investimenti in prodotti finanziari "strutturati" in "Paesi emergenti": e ciò in considerazione del carattere generico e standardizzato di una informazione siffatta. Infatti, l'informativa - che la stessa Corte di appello rileva essere stata fornita con esclusivo riferimento alla seconda operazione, posta in atto il 25 settembre 2001 (sicchè non potrebbe comunque rilevare per il primo investimento, risalente al 23 febbraio 2000) - non fornisce alcuna specifica indicazione quanto ai concreti rischi dell'investimento posto in essere, essendo innegabile che non tutti i titoli di "Paesi emergenti" presentino il medesimo rating (si veda, in motivazione, Cass. 26 gennaio 2016, n. 1376 cit.) e risultando parimenti evidente che, a seconda dei casi, ciascuno di tali Paesi possa essere interessato, o non interessato, nel tempo, a diverse vicende, più o meno prevedibili: come, appunto, il noto default che colpì le obbligazioni argentine pochi mesi dopo il loro acquisto da parte di C.. In sè considerata, la comunicazione in esame non consente quindi di ritenere che il cliente fosse adeguatamente informato, secondo quanto prescrive, in termini generali, l'art. 21, comma 1, lett. b) t.u.f., e secondo quanto precisa, nella declinazione applicativa di tale norma di legge, il cit. art. 28 reg. Consob.
Nè la carenza dell'attività informativa può essere colmata dal rilievo, svolto dalla Corte di merito, per cui il ricorrente aveva investito in titoli obbligazionari di Paesi che presentavano un rendimento e una rischiosità elevata (addirittura superiore, è esposto, ai bond argentini). Vero è, infatti, che, giusta l'art. 31, comma 1 reg. Consob n. 11522/1998, nei rapporti tra intermediari autorizzati e operatori qualificati non si applica l'art. 28: ma è altrettanto vero che l'acquisto di titoli a rischio non basta a rendere l'investitore un operatore qualificato ai sensi della normativa regolamentare dettata dalla Consob (Cass. 29 ottobre 2010, n. 22147; Cass. 25 giugno 2008, n. 17340; cfr. pure Cass. 19 gennaio 2016, n. 816).
In conclusione, dunque, la Corte di appello avrebbe dovuto correlare l'adempimento dell'obbligo informativo a comunicazioni circostanziate riferite al titolo negoziato: ciò che, del resto, la stessa banca assume di essersi offerta di provare nel corso del giudizio di merito (pag. 17 del controricorso, ove è menzione del fatto che essa rappresentò al cliente le ragioni dell'elevato grado di rischio dell'operazione finanziaria)".
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P.S. Il grassetto ed il corsivo sono a nostra cura.