La ricognizione di debito non può costituire la base di calcolo del credito della banca in caso di invalidità di una clausola contrattuale
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Fonte:
www.dirittobancario.it
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Provvedimento:
Cass. civ. Sez. I, Sent., 01-12-2016, n. 24546
Il provvedimento allegato è tratto da www.dirittobancario.it .
Nella fattispecie in esame M.V. aveva proposto opposizione al decreto ingiuntivo,richiesto nei suoi confronti dalla s.p.a. ...., relativo all'importo di oltre due miliardi di lire dovuti al saldo passivo di conto corrente della debitrice garantita s.r.l. ..... Il giudice di primo grado aveva revocato il decreto ingiuntivo e rigettato la domanda creditoria. La Corte d'Appello di Catanzaro aveva riformato la pronuncia del Tribunale solo in ordine alle spese, compensandole per entrambi i gradi.
La Corte territoriale aveva fondato la propria decisione sulle argomentazioni:
contrariamente a quanto statuito dal giudice di primo grado, la fideiussione originariamente sottoscritta nel 1984 non era scaduta ma validamente estesa mediante il contratto del 4 novembre 1986 fino all'importo di L. 1.350.000, cifra pari a quella del saldaconto. Il contratto non aveva, pertanto, natura novativa ma modificativa della durata e dell'importo.
L'omessa consegna degli estratti conto relativi al periodo 29 maggio 1984 - 30 settembre 1986 aveva impedito il calcolo del saldo finale non essendo stato possibile in sede di consulenza tecnica d'ufficio procedere alla determinazione ed all'ammontare dell'importo pari agli interessi passivi trimestralmente capitalizzati nel periodo considerato. L'omesso assolvimento integrale dell'onere probatorio aveva determinato la conseguenza dell'azzeramento delle risultanze degli estratti conto acquisiti, in mancanza della continuità temporale con i precedenti non prodotti.
L'importo indicato nel contratto con il quale era stata estesa la garanzia fideiussoria deve essere qualificato una mera ricognizione di debito idonea esclusivamente a determinare un'inversione dell'onere della prova in ordine all'esistenza e alla validità del rapporto ma non idoneo a costituire autonoma fonte di obbligazione. Ne consegue che non è sufficiente a sanare le cause d'invalidità totale o parziale del rapporto medesimo. Tale ricognizione, pertanto, non può costituire la base di calcolo utilmente spendibile ma si deve invece partire dall'azzeramento del saldo. Gli estratti conto successivi, prevalentemente costituiti da versamenti e, da una certa data in poi, soltanto dalla contabilizzazione d'interessi passivi, determinano l'insussistenza di alcun credito in favore della banca.
Avverso tale pronuncia aveva proposto ricorso per cassazione la s.p.a. ... affidato a tre motivi. Aveva resistito con controricorso M.V..
La Suprema Corte ha confermato la decisione dei Giudici di merito,
Statuendo che : ".....Si deve preliminarmente osservare come sia del tutto consolidato l'orientamento di questa Corte secondo il quale: "Nei rapporti bancari in conto corrente, la banca non può sottrarsi all'onere di provare il proprio credito invocando l'insussistenza dell'obbligo di conservare le scritture contabili oltre dieci anni dalla data dell'ultima registrazione, in quanto tale obbligo, volto ad assicurare una più penetrante tutela dei terzi estranei all'attività imprenditoriale, non può sollevarla dall'onere della prova piena del credito vantato anche per il periodo ulteriore". (da ultimo Cass. 7972 del 2016).
Ne consegue che quando, come nella specie, venga dedotta l'invalidità della clausola contrattuale che stabilisce, in violazione dell'art. 1283 cod. civ. la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, è necessario procedere alla ricognizione dell'ammontare dei medesimi fin dal primo trimestre del rapporto intercorso tra banca e cliente, al fine di escluderne ad ogni cadenza temporale contrattualmente predefinita la capitalizzazione, non potendosi determinare altrimenti l'eventuale saldo passivo residuo dovuto relativo al capitale o, al contrario quello attivo in favore del cliente. La progressiva moltiplicazione dell'ammontare del passivo per effetto della capitalizzazione degli interessi scaduti, sulla quale si producono interessi con identica cadenza cronologica, non consente il calcolo della sorte, sulla base di un saldaconto finale o di un estratto riassuntivo ad una certa data, comunque successiva all'instaurazione del rapporto, perchè l'importo indicato come iniziale contiene un accumulo d'interessi passivi capitalizzati indeterminabile senza la verifica periodica degli estratti conto indicativi dell'andamento del conto, ed in particolare dell'esistenza e dell'ammontare del passivo fino alla data nella quale è stato fissato il saldo.
Da tali premesse deriva la manifesta infondatezza della censura riguardante l'assolvimento del predetto onere probatorio mediante il riconoscimento di debito derivante sia dalla estensione della fideiussione sia dagli atti difensivi del fideiussore in primo grado. Secondo il ricorrente attraverso tali riscontri documentali sarebbe stato agevole distinguere tra capitale pari a 800.000.000 ed interessi passivi da escludere dal saldo finale pari alla differenza tra 1.350.000.000 ed 800.000.000, trascurando tuttavia l'impossibilità di determinarne l'ammontare progressivo per ogni singolo trimestre.
In ordine alla censura relativa all'errata qualificazione giuridica del contratto di estensione della fideiussione come ricognizione di debito deve osservarsi in primo luogo che l'interpretazione del testo negoziale è insindacabile in sede di giudizio di legittimità, non essendo stata dedotta l'illegittima applicazione dei criteri ermeneutici legali. Peraltro è meramente affermata la configurabilità di una valida convenzione ex art. 1283 cod. civ. desumibile dall'estensione della fideiussione. In secondo luogo la ricognizione di debito come esattamente indicato dalla Corte d'Appello ha la funzione di invertire l'onere della prova dell'inesistenza o dell'invalidità, parziale o totale dell'obbligazione sul debitore. Nella specie il debitore ha dedotto, del tutto fondatamente, l'invalidità della stessa in ordine alla clausola relativa alla capitalizzazione degli interessi passivi sulla base della quale si è determinato un saldo finale non corrispondente a quello richiesto. Tale rilievo, od eccezione, non è impedita dalla accertata ricognizione di debito relativa al dato fattuale del saldo. Il principio è stato anche di recente ribadito da questa sezione con la sentenza n. 19792 del 2014 così massimata: In tema di conto corrente bancario, il piano di rientro concordato tra la banca ed il cliente, ove abbia natura meramente ricognitiva del debito, non ne determina l'estinzione, nè lo sostituisce con nuove obbligazioni, sicchè resta valida ed efficace la successiva contestazione della nullità delle clausole negoziali preesistenti.
Il ricorso in conclusione deve essere respinto con applicazione del principio della soccombenza in ordine alle spese processuali".
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Nota: Il corsivo ed il grassetto sono a nostra cura.