Non soddisfa l'obbligo della forma scritta la produzione del contratto quadro sottoscritto solo dall'investitore.
-
Fonte:
www.diritto.it
-
Autore:
G. MANTOVANO
-
Provvedimento:
Cass. civ. Sez. I, Sent., 27-04-2016, n. 8395.
"Il D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, così come il precedente D.Lgs. n. 415 del 1996, art. 18 stabilisce che i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento debbano essere redatti per iscritto a pena di nullità, ma già la L. 2 gennaio 1991, n. 1, art. 6, lett. c), secondo quanto più volte ribadito da questa Corte, poneva il medesimo requisito di forma per la stipulazione del "contratto quadro" (Cass. 7 settembre 2001, n. 11495; Cass. 9 gennaio 2004, n. 111; Cass. 19 maggio 2005, n 10598). La univocità e la continuità interpretativa delle norme che si sono succedute in ordine alla qualificazione giuridica dell'obbligo di forma scritta, facilitano l'esame della censura e rendono irrilevante l'individuazione applicabile a tutto il rapporto, al suo momento genetico, al suo sviluppo attuativo.
L'obbligo in questione, dettato, secondo la prevalente opinione, a fini protettivi dell'investitore (Cass. 22 marzo 2013, n. 7283), non è incompatibile con la formazione del contratto attraverso lo scambio di due documenti, entrambi del medesimo tenore, ciascuno sottoscritto dall'altro contraente. Non v'è difatti ragione di discostarsi dall'insegnamento più volte ribadito, secondo cui il requisito della forma scritta ad substantiam è soddisfatto anche se le sottoscrizioni delle parti sono contenute in documenti distinti, purchè risulti il collegamento inscindibile del secondo documento al primo, "sì da evidenziare inequivocabilmente la formazione dell'accordo" (Cass. 13 febbraio 2007, n. 3088; Cass. 18 luglio 1997, n. 6629; Cass. 4 maggio 1995, n. 4856).
Ne consegue che vertendosi in tema di forma scritta sotto pena di nullità, in caso di formazione dell'accordo mediante lo scambio di distinte scritture inscindibilmente collegate, il requisito della forma scritta ad substantiam in tanto è soddisfatto, in quanto entrambe le scritture, e le corrispondenti dichiarazioni negoziali, l'una quale proposta e l'altra quale accettazione, siano formalizzate. E, insorta sul punto controversia, vale la regola generale secondo cui, con riguardo ai contratti per i quali la legge prescrive la forma scritta a pena di nullità, la loro esistenza richiede necessariamente la produzione in giudizio della relativa scrittura (Cass. 14 dicembre 2009, n. 26174).
La stipulazione del contratto non può viceversa essere desunta, per via indiretta, in mancanza della scrittura, da una dichiarazione quale quella nella specie sottoscritta dall'investitore: "Prendiamo atto che una copia del presente contratto ci viene rilasciata debitamente sottoscritta da soggetti abilitati a rappresentarvi".
(...)
"In generale, nei contratti soggetti alla forma scritta ad substantiam, il criterio ermeneutico della valutazione del comportamento complessivo delle parti, anche posteriore alla stipulazione del contratto stesso, non può evidenziare una formazione del consenso al di fuori dello scritto medesimo (Cass. 7 giugno 2011, n. 12297).
E, fin da epoca remota, questa Corte ha affermato che il documento ha valore, per i fini del soddisfacimento del requisito formale, "in quanto sia estrinsecazione diretta della volontà contrattuale" (Cass. 7 giugno 1966, n. 1495). La forma scritta, quando è richiesta ad substantiam, insomma elemento costitutivo del contratto, nel senso che il documento deve essere l'estrinsecazione formale e diretta della volontà delle parti di concludere un determinato contratto avente una data causa, un dato oggetto e determinate pattuizioni, sicchè occorre che il documento sia stato creato al fine specifico di manifestare per iscritto la volontà delle parti diretta alla conclusione del contratto (Cass. 1 marzo 1967, n. 453; Cass. 22 maggio 1974, n. 1532; Cass. 7 maggio 1976, n. 1594; Cass. 9 marzo 1981, n. 1307; 30 marzo 1981, n. 1808; 18 febbraio 1985, n. 1374;
Cass. 15 novembre 1986, n. 6738; Cass. 29 ottobre 1994, n. 8937;Cass. 15 dicembre 1997, n. 12673; Cass. 6 aprile 2009, n. 8234; Cass. 30 marzo 2012, n. 5158; da ultimo Cass. 12 novembre 2013, n. 25424, secondo cui non soddisfa l'esigenza di forma scritta ad substantiam l'attestazione di pagamento sottoscritta dall'accipiens e dal solvens).
Orbene, è di tutta evidenza che documentazione quale quella in questo caso depositata dalla banca, indipendentemente dalla verifica dello specifico contenuto e della sottoscrizione di dette scritture, non possiede i caratteri della "estrinsecazione diretta della volontà contrattuale", tale da comportare il perfezionamento del contratto, trattandosi piuttosto di documentazione predisposta e consegnata in esecuzione degli obblighi derivanti dal contratto il cui perfezionamento si intende dimostrare e, cioè, da comportamenti attuativi di esso e, in definitiva, di comportamenti concludenti che, per definizione, non possono validamente dar luogo alla stipulazione di un contratto formale".
( ....)
".....nella specie,il requisito della forma scritta ad substantiam per il contratto quadro non determina una modificazione della qualificazione giuridica della nullità che consegue all'inosservanza dell'obbligo di forma. Anche tale nullità è rilevabile esclusivamente dall'investitore ed configurabile come nullità di protezione. L'applicazione del regime giuridico rigoroso della forma scritta ad substantiam, derivante dall'esame testuale dell'art. 23 T.U.E. nell'interpretazione conforme di questa Corte (S.U. n.26724 del 2007) non ne modifica nè la natura nè la funzione nè le modalità di rilievo. L'eccezione può, di conseguenza, essere prospettata dalla parte, coerentemente con l'interesse sostanziale dedotto in giudizio.
Al riguardo deve rilevarsi che l'investitore ex art. 99 e 100 c.p.c. può selezionare il rilievo della nullità e rivolgerlo agli acquisti (o più correttamente i contratti attuativi del contratto quadro) di prodotti finanziari dai quali si è ritenuto illegittimamente pregiudicato, essendo gli altri estranei al giudizio. La rilevabilità d'ufficio, peraltro non incondizionata, delle nullità di protezione, affermata di recente dalle S.U. nella sentenza n. 26242 del 2014, si limita a configurare la possibilità di estendere l'accertamento giudiziale anche a cause di nullità protettive non dedotte dalle parti senza tuttavia consentirne il rilievo anche ad atti diversi da quelli verso i quali la censura è rivolta."
P.S. Il corsivo ed il grassetto sono a cura dello Studio.